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Le Troiane

COMTEATRO

Genere Prosa
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Regia: Claudio Orlandini

Drammaturgia: Claudio Orlandini

Attori: Francesca Biffi, Carola Boschetti, Cinzia Brogliato, Eleonora Iregna, Benedetta Marigliano, Claudio Orlandini Alessandro Simonini

Altri crediti: Scene e costumi Valentina Volpi Musiche originali: Gipo Gurrado Luci Alessandro Bigatti Assistente alla regia Simone Muciaccia

Parolechiave: Troiane, Euripide, guerra, coro, donne

Produzione: Comteatro

Anno di produzione: 2024

Genere: Prosa

C'è stata una guerra a Troia, lunga dieci anni.
Gli Achei hanno vinto, Troia non c'è più, gli uomini sono tutti morti, restano le donne e il silenzio, la quiete e la polvere. Polvere, polvere e terra, polvere dappertutto.
Un coro di donne che urla, vomita parole, canta, si staglia contro un destino ineluttabile. Le donne sono rimaste e a loro è affidato il compito di raccontare e raccontarsi, dichiarare, urlare il dolore per quello che c'era ed ora non c'è più, confessare le paure rispetto al destino che le attende.
Ecuba, Cassandra, Andromaca, Elena e le altre.
Quel che fa sì che ancora oggi abbia senso portare in scena Le Troiane, è la profondissima intuizione di Euripide di raccontare un catastrofico episodio storico andando alla radice della contesa, al cuore dello scontro, interpellando gli animi degli esseri umani che abitano il dramma ed elevando così la guerra di Troia ad emblema di ogni conflitto. In questo modo si rende sempre possibile l’attualizzazione della guerra e tutto ciò che essa comporta: la guerra di Troia, non è più solo la guerra di Troia ma diventa qualsiasi guerra, vicina o lontana che sia, geograficamente e nel tempo. La tragedia diventa un manifesto, un monito, in cui emerge lo sguardo, la voce e il ricordo di chi ha la fortuna o sfortuna di sopravvivere: è la tragedia di chi rimane.
Il punto di vista in questo caso è profondamente femminile, l’opera diventa un grande inno affidato alle donne che cantano ciò che era e ora non è più: le Troiane sembrano non avere più il controllo, ridotte in schiavitù e apparentemente sconfitte, eppure così fiere nel far sentire la propria voce e nel dichiarare la loro appartenenza alla polis, al punto da identificarsi con la distruzione di essa, in un contesto di totale desolazione.
Indispensabile per queste donne è non rimanere isolate ma cercarsi, stringersi intorno ai resti, forse è questa la forza delle Troiane, diventare un coro collettivo pronto a spalleggiarsi e a incaricarsi di prestare la propria voce e il proprio sguardo attento alla comunità.
In questo movimento collettivo si illuminano poi, per brevi momenti, delle figure distinte: Cassandra che nel suo delirio lucidissimo profetizza nella sua prossima fine con Agamennone; Andromaca, madre e moglie fedele, costretta a vedere condannato a morte il piccolo figlio Astianatte; Elena, icona dell’eterno femmineo, ed infine Ecuba, che nei suoi densi dialoghi con l’araldo Taltibio fa emergere tutta la disperazione per la sua città al punto da identificarsi con essa.
Addentrandoci nel cuore e nei pensieri di queste donne è possibile spostare la tragedia su un altro piano, ci si imbatte infatti in una tragedia definibile come “psicologica”, come se la guerra non fosse più solo esteriore ma si giocasse in un terreno interno, dentro agli animi, ai desideri, alle incertezze e alle contraddizioni di queste donne, attraverso i loro canti e le loro invocazioni, quasi fosse concessa solo a loro questa ricchezza umana.

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