Regia: Silvia Dezulian, Filippo Porro
Drammaturgia: Lorenza Guerrini
Attori: Silvia Dezulian, Lorenzo Morandini, Filippo Porro, Dorotea Porro, Gloria Trolla.
Altri crediti: consulenza drammaturgica Lorenza Guerrini sound designer Domiziano Maselli editing audio Mattia Nardon disegno luci Maria Virzì costumi Aurelia Maria Foti scene Silvia Dezulian con il supporto di KOMM TANZ/PASSO NORD progetto residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni, Ecomuseo della Judicaria, Cooperativa Teatrale Prometeo; si ringraziano Patagonia Montebelluna, Fondazione Museo Civico di Rovereto, Spazio ‘500 per le Arti, MUSE di Trento, SGL Servizio Glaciologico Lombardo, PNAB Parco Naturale Adamello Brenta, Commissione Glaciologica SAT.
Parolechiave: ghiacciai, memorie, montagna, cambiamento climatico, passaggio generazionale
Produzione: AZIONIfuoriPOSTO, Pluraldanza in coproduzione con Centro Servizi Culturali Santa Chiara, Campsirago Residenza, C&C Company, con il contributo di FONDAZIONE CARITRO.
Anno di produzione: 2024
Genere: Teatroragazzi (7-14) Danza Teatro-danza
Il termine rimaye deriva dal latino rima «crepa» ed è utilizzato in alpinismo per indicare il crepaccio terminale del ghiacciaio, spazio vuoto che separa il ghiaccio in movimento dalle pareti rocciose.
A partire da una riflessione sulla fusione e il distacco dei ghiacciai, Rimaye apre un’indagine su ciò che a breve è destinato a sparire e la sua eredità, mettendo in relazione corpi umani e corpi glaciali in quanto entrambi modificatori di paesaggio in perenne movimento e custodi di memorie, legati al Tempo e alla sua irreversibilità.
Attraverso una partitura di gesti, parole, e suoni, tra incanto, nostalgia e ironia, il lavoro tocca trasversalmente temi come il cambiamento climatico, la memoria tra presente, passato e futuro e il passaggio generazionale. Ciò che unisce drammaturgia fisica e teatrale sono le memorie legate alla montagna e che stanno riemergendo dai ghiacciai che si fondono - espressi attraverso monologhi, dialoghi, musiche. Memorie che prima o poi scompariranno lasciando solo delle tracce, come quelle dei ghiacciai ormai estinti.
Il progetto riflette sulla forza dirompente e la fragilità disarmante sia dell’umano che dell’ambiente che lo circonda, mettendoli sullo stesso piano e ponendo l’attenzione sulla loro capacità di modellarsi e immagazzinare storie e vissuti destinati a sparire e a lasciare spazio a ciò che verrà.
La scena viene vista come un sistema di ambienti (audio, scenografia e luci) in risonanza tra loro che si modificano e si influenzano attraverso il movimento dei danzatori.
La partitura coreografica richiama gestualità e vita della montagna ma soprattutto il movimento dei ghiacciai con le importanti conseguenze sull'ambiente intorno, dai massi spostati, alla formazioni di valli e segni lasciati nelle montagne.
La scenografia è pensata dall’osservazione dei massi erratici, rocce montonate e morene, e prevede l’utilizzo di materiale tessile irrigidito con l’obiettivo di riprodurre un terreno materico che i danzatori in quanto “forza geologica” in scena possono modificare e trasformare durante lo spettacolo secondo l’occorrenza.
La ricerca sonora, realizza un ambiente sonoro organico nel quale i danzatori agiscono; l'utilizzo di un geofono strumento tipicamente utilizzato per captare terremoti, è qui declinato all’utilizzo creativo, per amplificare e far risuonare la superficie d’appoggio della performance.
La ricerca artistica è avvenuta sul campo, attraverso una serie di escursioni, lezioni e conferenze con esperti scientifici, geologi/glaciologi, paesaggisti e guide esperte, per attivare il processo creativo e raccogliere il materiale teorico ed esperienziale in vista della creazione dello spettacolo.
In scena è prevista anche la partecipazione di Dorotea Porro, di 7 anni, che rappresenta la memoria futura, quella che raccoglierà l'eredità e che un giorno farà da passaggio di testimone alla generazione successiva.
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