Regia: Yari Gugliucci
Drammaturgia: Danilo Napoli
Attori: Danilo Napoli
Altri crediti: Contributi in voce di: Gennaro Ciotola e Michele Vargiu Aiuto regia: Antonietta Barcellona Scene e costumi: Anna Simeoli Trucco: Centro Estetica Hermosa Disegno Luci: Virna Prescenzo Fonico: Andrea Guarracino Tecnico audio-luci: Eduardo Coscia Video a cura di: Mariano De Gennaro Fotografie di scena: Emanuela Napoli Foto di locandina: Luigi Risi Progetto grafico locandina: Salvatore Parola Ufficio stampa: Davide Bottiglieri
Parolechiave: monologo, omofobia, transfobia, LGBTQ+, dramma
Produzione: Vitruvio Entertainment / Vitruvio Academy Partner: Teatro Dei Lupi Aps, Arcigay Salerno, D' Gay Project, Limen Salerno Aps
Anno di produzione: 2024
Genere: Prosa
SINOSSI
Rumore bianco, come quello di una vecchia tv quando i canali non sono sintonizzati. Poi una notizia del telegiornale: è stata ritrovata l’ennesima vittima di un serial killer di donne transgender.
Le luci si accendono su degli indumenti femminili che sembrano fluttuare nel vuoto e poi su una donna inerme e un ragazzo che parla della sua infanzia: stiamo guardando nella mente di un uomo disturbato, che ha rapito la madre per costringerla ad ascoltare la vita della prima delle sue vittime: Rossella, una donna transgender che lui amava profondamente.
Questo monologo non è altro che una confessione disperata e bizzarra, a tratti addirittura esilarante e grottesca, in grado di farci ridere e poi piangere nell'arco di pochi secondi. E tra un colpo di scena e l’altro ci parla di cattiveria umana, di scelte forzate, di omofobia e transfobia e della linea sottile che separa vittima e carnefice.
NOTE DI REGIA
La scena diventa l’occhio con il quale lo spettatore guarda all’interno della mente di un uomo disturbato per vedere al suo interno una storia fatta di sofferenza, un passato di ignoranza. Un ragazzo giunto all’atto finale, quello liberatorio, nel quale ha rapito la madre e la costringe ad ascoltare quel che non sa della sua vita: quanto è stato costretto dalla famiglia a comprimersi, a castrare il proprio essere perché il padre e la madre erano troppo preoccupati a salvare le apparenze piuttosto che salvaguardare il suo benessere. Ma lo spettatore vede anche una storia di omofobia e di transfobia, di fanatismo religioso e di chiusura mentale; di amore per se stessi e per il proprio essere, di riscatto e nostalgia; di cattiveria inaudita giustificata dal nome di Dio, ma anche di ironia per le bizzarrie della vita in strada e di sarcasmo verso i precetti e i dogmi religiosi che ancora persistono.
Lo spettatore viaggia nella mente del carnefice e insieme al carnefice, scovando una sofferenza che lo fa apparire umano; e per un po’ dimentica che ha di fronte un uomo che ha ucciso delle donne, appassionandosi alle vicende della vita di Rossella, la donna che lui amava di più al mondo ma che è stato costretto dalla famiglia a uccidere “per non far parlare le persone”.
E così facciamo un tuffo nel passato, con vari personaggi che sembrano prendere vita sulla scena, per seguire le vicende di Rossella. Fino Fino a quando presente e passato convergono scoprendo le carte, mostrandoci il carnefice come vittima e la vittima come carnefice.
Una persona è libera se può esprimere pienamente il proprio essere, a prescindere da quel che pensano le altre persone. Una persona libera vive il presente nel modo in cui lo desidera, senza condizionamenti esterni.
E non ci sono dogmi o credi religiosi che tengano: niente dovrebbe condizionare la felicità umana perché, alla fine, quel che resta di ognuno di noi non è altro che un “fruscio che vaga nel vuoto cosmico, un rumore bianco che coprirà tutto."
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