Regia: Christian di Filippo
Drammaturgia: Christian di Filippo
Attori: Christian di Filippo
Altri crediti: Luci Adriano Antonucci Musiche Elio D’alessandro Aiuto regia Viola Carinci Assistente alla regia Celeste Tartaglia Foto e video Giulio Maria Cavallini Foto locandina Vincenzo Parlati
Parolechiave: Fede, Uomo, Teatro dell'assurdo, Monologo, Bellezza, Linguaggio
Produzione: AMAranta Indoors A.M.A Factory produzione esecutiva
Anno di produzione: 2023
Genere: Prosa
Cosa vuol dire essere santi oggi?
Partendo dal teatro di Alan Bennett e dalla sua “dissacrante” immediatezza, nasce :Quell’attimo di beatitudine. Un monologo brillante che mette al centro il rapporto tra Fede e Uomo nella società di oggi.
Il protagonista è un emarginato che arriverà ad essere considerato un santo. Nel testo emerge il contrasto tra il Noi e l’Io. Un Noi che esclude le unicità - tradendo, di fatto quella che dovrebbe essere la sua natura comunitaria - per sottomersi ad una fede preconcetta, dogmatica e priva di sentimenti; Una fede “al chilo”, un prodotto commerciale, in una società in cui - come dirà lo stesso protagonista: “Lo sguardo non è mai libero. Sbatte sempre contro un cartellone pubblicitario in grado di prometterti la felicità”. Allora la domanda che sorge spontanea, in un calderone di sentimenti pronti per essere usati (e abusati), è: Come possiamo riuscire a trovare la fede oggi nel nostro quotidiano? Lo spettacolo non offre risposta (Anche perché il teatro nasce dalle domande), tuttavia lo spettatore potrebbe porsi la questione (o almeno si spera) in maniera onesta e libera da interpretazioni aprioristiche.
Senza addentrarci in territori “religiosi” - che ghettizzerebbero e categorizzerebbero il lavoro, poiché mettono a riposo questioni che lecitamente verrebbero a galla se tutti iniziassero ad interrogarsi su massimi sistemi - in Quell’attimo di beatitudine si parla del tema della Bellezza. Una bellezza che possiamo trovare, se solo ci prendessimo del tempo per guardare le cose così come sono, “in una foglia, una zuppa calda o un mattone forato messo storto che sembrava mi sorridesse”. Per riassumere, quindi, questo monologo è una critica nei confronti di chi critica chi ha il coraggio di fermarsi a guardare.
Il linguaggio utilizzato è quello del Flusso di coscienza, che sfocia in territori surreali, quasi assurdi, in grado di restituire allo spettatore un pensiero frammentario, rapido e spezzato, aderente alla contemporaneità.
Essendo un monologo in continuo contatto col pubblico, abolendo ogni forma di quarta parete, tutto quello che accade di sera in sera è drammaturgia utile allo spettacolo: Un rumore, una mosca che passa casualmente sulla scena, uno sguardo particolare, diventano l’essenza di ciò che è il protagonista: Un uomo nel presente.
Inoltre, tra volantini che la chiesa di Via Mazzini lascia sulla macchina abbandonata, praticando forme di proselitismo di serie B, ridicoli dispetti che N e K si fanno a vicenda e dialoghi con il papa, per sessanta minuti viene messa la lente d’ingrandimento in un mondo apparentemente privo di senso. Ma è proprio lì , nella mancanza di senso , che si può trovare quell’attimo di beatitudine.
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