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Le tre vecchie

Teatro C.A.S.T.
Regia: Alessandro Marinelli
Drammaturgia: Alejandro Jodorowsky
Attori: Rossana Candellori, Romana Romandini, Silvia Maria Speri, Elisa Maestri
Anno: 2014


Generi: Prosa

Tags: vecchie, cast, Jodorowsky, pazzia, manicomio

In un ospedale psichiatrico, due vecchie sorelle vengono sottoposte a una seduta terapeutica condotta da una misteriosa dottoressa e da un’infermiera. Le due sorelle sono invitate a ricordare il loro passato, ma il loro atteggiamento è ostile ed entrambe tentano di falsificare gli eventi trascorsi. Quando le strategie della terapeuta si fanno più dure, le due sorelle cominciano a cedere e, come in un giallo, ripercorrono a ritroso i traumi e gli accadimenti dolorosi che hanno segnato la loro esistenza. La presa di coscienza del materiale rimosso riapre ferite dolorose ma allo stesso tempo avvia un processo di redenzione che le proietta verso l’accettazione e le libera da una sofferenza psichica insopportabile.

Le vecchie contesse De Felice, nobili gemelle decadute, sono affette da un grave disturbo psichico: rimuovono sistematicamente il loro misterioso passato, lo distorcono, s’imbellettano come fanciulle in fiore nella speranza di attrarre spasimanti che le salvino dalla miseria e che le rendano madri, senza alcun pensiero alla sterilità anagrafica in cui sono ormai confinate. Paradossalmente, ora che la vecchiaia le ha ormai divorate, nei loro corpi appassiti rinverdiscono le tensioni sessuali della giovinezza, il loro essere brama l’irruenza del corpo maschile, la loro carne risente la morsa d’un piacere malato, consumato anni addietro in modo aberrante, nel perimetro angusto delle mura domestiche. Sono creature che vivono ai margini queste contesse, larve reiette, schernite ed estromesse da un mondo che non sa comprendere. Osservandole, mi tornano alla memoria le parole con cui Pirandello descriveva il sentimento del contrario: “Vorremmo ridere, ma il riso non ci viene alle labbra schietto e facile; sentiamo che qualcosa ce lo turba e ce l’ostacola; è un senso di commiserazione, di pena e anche d’ammirazione”. E infatti, mentre l’intreccio procede in costante bilico tra la pochade e il Grand Guignol, avvertiamo il peso d’un dolore insopportabile, d’uno strazio lacerante e impossibile da cancellare. Avvertiamo l’abisso. Ed è appunto l’abisso ciò che più m’interessa indagare, l’orrore da cui origina una devianza, la genesi d’un comportamento non allineato. Perché oggi - come ieri - ciò che è diverso è spesso demonizzato. Invece, prima d’ogni altra cosa, ciò che è diverso dovrebbe essere compreso.

Produzione: Teatro CAST

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Teatro C.A.S.T. (Cultura, Arte, Spettacolo, Teatro) è un collettivo teatrale fondato nel 2002 dal regista Alessandro Marinelli e dallo scenografo Pietro Cardarelli; intorno a loro si
uniscono otto performer che completano il nucleo originario della compagnia.
Negli anni, il Teatro C.A.S.T. ha cercato il confronto con alcune delle realtà teatrali più significative del panorama nazionale e internazionale. I componenti della compagnia hanno studiato con importanti personalità del mondo del teatro, fra cui vanno menzionati Anatolij Vasiliev, Gennadi Bogdanov, Yves Lebreton, Ricardo Fuks, Emma Dante, Danio Manfredini, Gabriele Vacis, Cesare Ronconi, Giorgio Rossi, Giulia Varley, Armando Punzo e altri. Ogni esperienza ha lasciato un segno profondo, ha suscitato domande, ha stimolato riflessioni, ha provocato dibattiti, entusiasmi e opposizioni che hanno innescato un processo di ricerca intorno all’arte dell’attore, ai principi della messa in scena, al senso stesso dell’arte teatrale. La storia di questa compagnia è dunque dapprima una storia di incontri, di perlustrazioni, di ricognizioni; in seguito diventa una storia di tentativi autonomi, di sperimentazioni condivise, di pratica quotidiana, di errori e di conquiste, di cambiamenti e di crescita. Oggi, l’approccio al fare teatro della compagnia Teatro C.A.S.T. si gioca su due piani che si compenetrano e si completano: da un lato l’analisi critica dell’opera drammatica, puntualmente problematizzata in relazione ai tratti distintivi della società moderna; dall’altro il lavoro sull’attore, chiamato a farsi creatore attivo, libero e autonomo, in grado di imprimere un’impronta fortemente soggettiva al suo operato. Proprio in virtù di questa prassi, gli spettacoli del Teatro C.A.S.T. si distinguono per un singolare atteggiamento di appropriazione del materiale di partenza, per lo più appartenente al repertorio “classico”, ma con significative incursioni anche nella produzione contemporanea e nella creazione originale. Il testo drammatico è regolarmente sottoposto a un procedimento di decostruzione. Negli spiragli di questa decostruzione si innestano interrogativi e germogliano nuove visioni, che orientano il successivo lavoro di ricomposizione e plasmano le linee fondamentali della scrittura scenica.
La compagnia crede nel valore politico e nella funzione civile dell'arte teatrale. I suoi progetti mirano ad analizzare principalmente i comportamenti dell’uomo e le problematiche sociali, mettendoli sotto una lente d'ingrandimento e offrendoli al pubblico senza la pretesa di azzardare risposte, ma cercando di creare domande, dubbi ed interrogativi.
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